Le fasi sensibili esistono? Allenare le capacità motorie tramite le abilità del rugby.

Aprile 14, 2023 2 Di Nadia Fagiolo

Esistono momenti dello sviluppo “sensibili” per l’apprendimento motorio?
Ci sono davvero fasi della vita in cui è possibile incrementare più facilmente le capacità motorie?

In alcuni articoli e materiali pubblicati qui sul blog, ho fatto riferimento alla possibilità di sfruttare l’età infantile e adolescenziale per fornire stimoli adeguati allo sviluppo delle capacità motorie dei giovani rugbisti, citando anche le cosiddette “fasi sensibili”. Per ogni categoria, sono state tenute in considerazione alcune priorità nell’allenamento di bambini e adolescenti, evidenziando gli aspetti ai prestare maggiore attenzione, in ciascuna fascia di età.

Qualche tempo fa, mi sono imbattuta in un’accesa discussione tra “addetti ai lavori”, tra coloro che affermavano che non esistono fasi sensibili (secondo i quali si tratta di un concetto ormai superato) e coloro che sostenevano il contrario.
La questione mi ha portato a riflettere: molti di noi hanno intrapreso percorsi di studi o preso parte a incontri di formazione nei quali è stato affrontato il tema dell’esistenza di momenti dello sviluppo definiti “sensibili” (nonché della cosiddetta “età d’oro” per l’apprendimento motorio). A dire il vero, ne sento ancora parlare attualmente, in occasione di incontri di formazione e aggiornamento.

L’argomento sembra divenuto abbastanza controverso, soprattutto alla luce di alcune pubblicazioni degli ultimi anni.
Mettere in discussione le nostre conoscenze quando ci imbattiamo in nuove informazioni è indispensabile, ma è un atto che va compiuto impiegando le capacità critiche, la nostra preparazione e onestà intellettuale, per leggere e interpretare la realtà nel modo più proficuo possibile.
Per essere più chiari, andiamo per ordine.

Cosa sono le fasi sensibili?

Secondo modelli proposti negli anni Ottanta (tra cui quello di Martin del 1982, al quale si è spesso fatto riferimento anche nei corsi allenatori delle Federazioni Sportive Nazionali), le fasi sensibili sono periodi durante i quali un individuo sarebbe nelle condizioni di poter sviluppare con maggiore facilità o efficacia determinate capacità, rispetto ad altri momenti della vita.
Nell’apprendimento motorio, sono definite come intervalli di tempo, nel processo di sviluppo, in cui le capacità (coordinative oppure organico-muscolari) sarebbero “più allenabili”.
Durante le fasi sensibili, i bambini sarebbero quindi più predisposti ad apprendere e a migliorare questa o quella capacità, a causa di cambiamenti legati alla crescita e allo sviluppo del sistema nervoso.
Queste teorie hanno portato a considerare cruciali alcune fasi dello sviluppo e anche alla convinzione che una volta trascorse queste “finestre di opportunità” non sarebbe più stato possibile sviluppare le capacità motorie allo stesso modo.
Negli ultimi anni, però, alcuni autori hanno sollevato dubbi sull’esistenza di queste fasi. Altri hanno concluso che si tratta di un concetto ormai da abbandonare, per fare riferimento ad altro.
Si tratta davvero di un’idea di cui disfarsi completamente?

Capacità e abilità motorie

C’è una distinzione che ritengo necessaria e che ci servirà per comprendere i concetti che seguono: quella tra capacità motorie e abilità motorie.
In termini piuttosto semplici, si possono individuare:

  1. le capacità motorie: le qualità, le caratteristiche che permettono a un individuo di compiere azioni, gesti motori finalizzati a uno scopo. Riguardano la possibilità di apprendere, organizzare, adattare e controllare i movimenti (capacità coordinative: apprendimento, controllo, adattamento/trasformazione, equilibrio, orientamento, combinazione, reazione, Differenziazione cinestesica, ritmo) e di determinarne l’intensità, la durata, la velocità di esecuzione (capacità organico-muscolari: forza, resistenza, velocità).
    Questa distinzione, nella realtà dei fatti, non è così rigida, poiché ogni azione è un misto di diverse capacità che intervengono insieme. Difficilmente si può individuare un movimento finalizzato, o ancor di più un gesto sportivo, che non richieda l’intervento di più capacità nello stesso momento.
  2. Le abilità motorie: sono gesti motori frutto di apprendimento. Ad esempio, il passaggio di palla o il placcaggio, in tutte le loro forme. Ciascuna di queste forme è un’abilità motoria.

Per poter apprendere un’abilità, c’è bisogno delle capacità motorie, che quindi ne rappresentano i prerequisiti. Allo stesso tempo, i tentativi di apprendere una nuova abilità stimolano lo sviluppo e il miglioramento delle capacità motorie coinvolte in essa.
Possiamo chiarire il discorso con un esempio riferito al rugby. Per eseguire un placcaggio (abilità) ho bisogno di possedere alcuni prerequisiti (capacità) di tipo coordinativo e organico-muscolare: devo reagire al movimento dell’avversario, individuare la sua traiettoria, regolare la mia direzione e la mia velocità in base alla sua, controllare i miei segmenti corporei per eseguire certi movimenti in una determinata sequenza, in base allo spazio e al tempo, senza perdere l’equilibrio, arrivando ad afferrare l’avversario al momento giusto, con la tecnica corretta, con un determinato grado di forza per interrompere il suo avanzamento…
Tutto ciò è evidente espressione di una miscela di capacità motorie (coordinative + organico-muscolari), che, intervenendo insieme, rendono visibile un’abilità. In questo caso, se non possiedo adeguati livelli coordinativi, di forza e di velocità, non riuscirò a eseguire il gesto tecnico correttamente.
Cosa fare, quindi, in allenamento? Sviluppare prima le capacità motorie “in generale” (la coordinazione generale, la forza, la velocità…), in modo da poterle poi sfruttare per eseguire l’abilità (in questo caso, il placcaggio)?
In realtà, è nel cercare di apprendere e affinare l’abilità di placcaggio che posso sviluppare quelle capacità che mi servono per eseguirlo bene.
Le capacità sostengono le abilità, ma il processo “funziona anche all’inverso”.

Che cosa dicono alcuni studi recenti

In alcune pubblicazioni degli ultimi anni si è cercato di indagare sulla questione dell’esistenza di fasi sensibili per l’apprendimento motorio, per trarre indicazioni sulle modalità di sviluppo degli atleti a lungo termine.
Ne riporto di seguito una relativamente recente, che pone forti dubbi questo tema, soprattutto per come era stato concepito molti anni fa (l’idea di fase sensibile come periodo in cui i bambini/ragazzi sono particolarmente predisposti ad apprendere e migliorare le loro capacità, dopo la quale non sarà più possibile avere gli stessi miglioramenti).

Van Hooren B, De Ste Croix M. Sensitive Periods to Train General Motor Abilities in Children and Adolescents: Do They Exist? A Critical Appraisal. Strength Cond J. 42(8),7-14, 2020.
Accessibile a questo link.

In questo studio, si sostiene che non esistono periodi sensibili per allenare le capacità motorie “generali”: velocità, coordinazione, resistenza, forza, ecc. Gli autori ritengono infatti che non si possa parlare di capacità motorie in generale, poiché ciascuna abilità motoria (ad esempio, un gesto tecnico) è il risultato di una complessa integrazione di capacità, che sono in parte anche “gesto-specifiche”.
Secondo questa visione, sarebbe quindi opportuno allenare tutte le capacità motorie durante ogni stadio di sviluppo, attraverso l’apprendimento di abilità specifiche, e non dedicarsi a una o più capacità “generali” in ogni fascia d’età (secondo l’idea iniziale e più rigida del concetto di “fase sensibile”).
Gli autori ipotizzano l’esistenza di “fasi sensibili compito-specifiche”, nelle quali ogni abilità integra in sé un insieme di capacità motorie. Queste fasi interagiscono con i metodi di allenamento utilizzati, con le caratteristiche genetiche degli individui e con le loro esperienze motorie precedenti, ai fini del risultato.
Secondo gli stessi autori, non è da escludere che alcuni metodi e contenuti di allenamento possano essere privilegiati o ridotti in determinati periodi. Ad esempio, si può dare priorità all’allenamento della coordinazione motoria quando questa subisce una compromissione durante il PHV (Peak Height Velocity), la fase di crescita in cui i ragazzi sperimentano un rapido aumento della statura (“scatto di crescita” preadolescenziale), anche come mezzo per ridurre la probabilità di infortuni.
È dunque presente un’attenzione alle esigenze tipiche di ogni età, che pur non essendo definita come rigido rispetto di fasi sensibili, si configura come riconoscimento di momenti e necessità particolari in ogni fase di sviluppo.

Cosa portiamo in campo?

È in questo senso che si può ritenere utile l’idea di “fase sensibile”: allenare tutte le capacità motorie a ogni età , ponendo maggiore attenzione ad alcune in determinati periodi, dettati dall’età biologica dei bambini/ragazzi (quindi dal loro grado di sviluppo, non dall’età anagrafica) e dalle loro caratteristiche individuali ed esperienze motorie precedenti.
Gli stimoli allenanti per fare ciò sono dati dall’apprendimento graduale di abilità motorie specifiche della disciplina sportiva praticata.
Il rugby è uno sport che prevede e richiede una moltitudine di abilità, espresse in situazioni variabili. Nel minirugby, è possibile allenare tutte le capacità motorie in ogni stadio di sviluppo, proprio attraverso le abilità e i contenuti tipici di questo sport, modulati e arricchiti in base al gruppo di bambini che si ha di fronte.
E quindi, i contenuti apparentemente non correlati al rugby (quelli che appaiono come “esercitazioni più generali”), sono da mettere in secondo piano? O addirittura da abbandonare?
Questi contenuti (che in ogni caso non dovrebbero prevalere su quelli riconducibili alla disciplina sportiva che i bambini/ragazzi hanno scelto di praticare), presentano in realtà diversi vantaggi, tra cui:

  • rappresentano stimoli coordinativi e organico-muscolari diversi;
  • evitano la ripetitività e quindi la noia;
  • pongono i bambini di fronte a problemi diversi da risolvere,
  • possono rappresentare una sfida e incrementare il senso di autoefficacia;
  • possono aiutare a superare paure o difficoltà.

Il concetto di fasi sensibili, quindi, non implica né che a ogni età sia necessario lavorare solo su alcune capacità, né che in futuro non sarà più possibile allenarle con gli stessi risultati. Però è necessario tenere in considerazione le esigenze tipiche di ogni età e le caratteristiche personali di ogni individuo, soprattutto nell’attività di base. Non si tratta di rispettare rigidamente delle fasi, ma di riconoscere momenti e necessità particolari, in ogni momento della crescita e rispetto a ogni singola persona.

Le capacità motorie, infatti, sono influenzate dal grado di maturazione del sistema nervoso e da altri fattori, come la maggiore produzione di alcuni ormoni a una specifica età, a cui si aggiungono le esperienze motorie che i bambini e i ragazzi hanno fatto in precedenza.
Non possiamo evitare di prendere in considerazione l’idea che ci siano momenti più o meno opportuni per proporre determinati stimoli allenanti, ma questo dipende molto dagli individui di cui ci occupiamo. C’è tutta una serie di capacità e abilità su cui lavorare in ogni categoria, che dipendono dall’età dei bambini e dalle peculiarità di ogni singolo. Tra queste, ce ne sono alcune che ad ogni specifica età e per ogni specifico individuo possono rappresentare, per motivi diversi, delle priorità.
Una delle difficoltà che l’allenatore si trova ad affrontare è quindi proprio questa: osservare e adeguare le proposte alle caratteristiche dei singoli, a partire dai principi generali.
Quando si lavora con l’apprendimento umano, non esistono procedure standard. Per questo, ribadisco che la capacità di osservazione e di analisi dell’allenatore fanno la differenza.
I risultati raggiunti dipendono da fattori genetici e fattori ambientali. Tra questi ultimi, le attività proposte e le metodologie utilizzate occupano un posto di rilievo, pertanto dovrebbero calzare su ogni bambino come un abito su misura.

Un abito in grado di modificarsi e crescere con chi lo indossa…